Si legge «délit d’entrave numérique», tradotto suona «reato di ostacolo digitale». E se quella da domani all’esame dell’Assemblea nazionale francese è una nuova fattispecie penale enigmatica già nel nome, la vicenda assume contorni surreali se si considera il suo oggetto: l’aborto. Per quanto incredibile possa sembrare, il Parlamento di Parigi sta infatti per prendere in seria considerazione – e probabilmente approvare, almeno in prima lettura – un disegno di legge proposto dal governo socialista per reprimere l’attività dei siti Internet che offrono ascolto e consulenza a donne alle prese con una gravidanza imprevista o indesiderata.

In parole forse sbrigative ma realistiche, d’ora in avanti chi si offre di ascoltare per offrire consigli in un momento drammatico della vita altrui rischia di vedersi sequestrati i computer, se non di finire in carcere. Nel mirino di un potere che pare aver paura della libertà di coscienza fino a farla diventare un’ossessione sono entrati gli spazi fioriti su Internet in Francia per ovviare alla cancellazione, esattamente un anno fa e sempre a colpi di maggioranza, della settimana obbligatoria di riflessione che le donne dovevano prendersi per legge prima di scegliere se abortire o tenersi il bambino.

Una decisione che a pochi giorni dalla strage del Bataclan passò quasi inosservata, dentro la più ampia riforma della “legge sulla Sanità”, ma che segnò una nuova sterzata nel modo in cui una plumbea ideologia considera l’aborto (e non solo) facendolo transitare dalla categoria delle “decisioni” drammatiche sulla vita umana a quella astratta dei “diritti” incoercibili. E se interrompere una gravidanza è questo che diventa, allora anche la parentesi di sette giorni per dare spazio e ascolto alla coscienza, informarsi e chiedere consiglio si trasforma in un temibile intralcio.

Figuriamoci a chi la pensa così come può apparire l’attività di siti web che offrono numeri verdi e consulenze gratuite a quante devono fronteggiare l’angoscia di un dubbio avvertendo con chiarezza istintiva che, assai prima di essere un diritto come dice il governo, l’aborto è destinato a spegnere la vita che si sente pulsare dentro di sé. La mente e il cuore non si zittiscono solo perché c’è chi dice che nessuno può intromettersi nella libera scelta di una donna sul proprio corpo, e lo fa scolpire in una legge dello Stato. Commettono dunque reato di “ostacolo interiore” cuore e mente ponendo domande lancinanti ed esigendo che la risoluzione finale sia l’esito di una riflessione consapevole?

Offrire una presenza discreta e comprensiva accanto a questo sgomento diventa un gesto meritevole di censura e sanzione da parte dello Stato perché – recita la proposta di legge che sarà sottoposta domani ai deputati – può «indurre deliberatamente in errore » una donna smarrita mostrandole che sta diventando madre e che quello è suo figlio. Sostenere e consigliare viene catalogato come «intimidire e/o esercitare pressioni psicologiche o morali al fine di dissuadere dal ricorrere all’Ivg» (esecrabile delitto, evidentemente).

A conferma del fatto che per farsi largo la ‘cultura dei diritti individuali’ deve prima eliminare la realtà e la sua percezione per sostituirla con il suo opposto, secondo un collaudato meccanismo orwelliano di alterazione del senso comune. Se è questa la strada che intende percorrere il partito di Hollande per evitare di veder salire la primavera prossima all’Eliseo il neogaullista Fillon, appare chiaro il motivo del consenso mai così basso al presidente socialista e del crescente favore verso chi torna a dar voce a valori disprezzati fino al punto di inserirli nel Codice penale.

È del tutto comprensibile che a quanti procedono senza mostrare dubbi verso una legge liberticida (e nell’attesa di udire qualche voce levarsi anche in Italia contro questa brutale ‘censura online’) risultano certamente inascoltabili voci come quella della giovane anonima che martedì su www.ivg.net ha lasciato il diario di un ‘aborto abortito’: «Gli esami iniziano, sento questo piccolo cuore battere, il mio ragazzo è triste quanto me, e chiede di poter uscire. Riempio i moduli per l’Ivg da sola, con le lacrime che salgono, la paura, mi dico che ucciderò il mio bambino. Il mio ragazzo torna, prende le carte e mi supplica di non abortire, mi dice che sarà sempre con me e che prenderà questo bambino così come me. Ora sono la mamma felice di un bimbo di 10 mesi, ancora con il mio ragazzo, e voglio dire alle mamme che considerano una Ivg di pensarci bene, perché abortire è molto difficile. Mio figlio ha saputo intenerirci». Fermiamoci, tutti, a considerare con molta attenzione il profilo di quel potere che arriva a spegnere la tenerezza, avendone paura.

(Francesco Ognibene / Avvenire)