Col 62% dei votanti, il popolo svizzero ha modificato la propria legislazione in materia di fecondazione assistita e selezione pre-impianto. E l’antilingua del pensiero unico si applica solertemente a spacciare l’arbitrio che sceglie chi vive e chi muore per trionfo liberale della “scienza che aiuta la vita”. Grande la mobilitazione. Purtroppo senza successo.

Per far accettare la diagnosi preimpianto e abortire i “prodotti del concepimento” fallati c’è ora una nuova legge in Svizzera. La diagnosi pre-impianto e le tecniche che impediscono alla vita “non degna di essere vissuta” di germogliare saranno più facili. Circa il 62% dei cittadini ha votato “SI” e, quindi, d’ora in poi, gli embrioni ottenuti con una fecondazione artificiale potranno essere sottoposti a un esame genetico, prima che vengano impiantati nell’utero, per verificarne eventuali patologie o handicap.

Subito l’antilingua ne ha approfittato per diffondere la trasformazione semantica dei concetti di concepimento e gravidanza. Sono soprattutto i centri che si occupano, a fini commerciali, di fecondazione artificiale che si sono scatenati nel promuovere questa nuova colossale “manipolazione delle parole” al fine di capovolgere la verità.

«Una vittoria della vita; un passo in avanti della scienza a tutela della vita». Così, ad esempio, il “Centro di Medicina della riproduzione” “ProCrea” di Lugano ha commentato il risultato del referendum svizzero per la legge sulla fecondazione artificiale (dizione, quest’ultima, che riteniamo più veritiera di quella utilizzata dai superficiali o dai tecnici in malafede, di “procreazione assistita”). La vittoria dei “SI” al referendum del 5 giugno ha aperto all’introduzione della diagnosi preimpianto (DPI) sugli embrioni per le coppie che hanno una grave malattia genetica o che hanno provati problemi di infertilità. Il commento del già citato “Centro per la fertilità” di Lugano all’esito di domenica prosegue così: «Questi esami permettono di difendere maggiormente la salute della donna e del nascituro e di aumentare i tassi di gravidanza». Non si spiega, però, di quale nascituro si parli, perché per quello che avesse ereditato una malattia genetica dei genitori non ci sarà d’ora in poi scampo, al di là che la diagnosi pre-impianto sia poi certa o meno (quest’ultima ipotesi non si saprà mai in caso di “aborto terapeutico” – altro esempio di antilingua-, ma il tasso di errore in questi casi non è irrilevante).

«La Svizzera si allinea all’Europa nel riconoscere l’importanza che questo tipo di diagnosi ha nel difendere la salute della donna e del nascituro», ha esultato Michael Jemec, il “direttore medico” di “ProCrea”, tirando in ballo l’immancabile Unione europea. Infatti, prosegue: «la DPI permette di individuare gli embrioni che possono dare esito ad una gravidanza [addirittura “possono”, per gli altri quindi ci sarebbe il “dovere” di abortire?] riducendo i tentativi e salvaguardando la donna da ulteriori terapie, ma soprattutto consente ad una coppia portatrice di una grave malattia genetica di evitare che quella malattia possa essere trasmessa al nascituro».

Guarda caso centri come “ProCrea” hanno al loro interno “laboratori di genetica molecolare”, proprio al fine di guadagnare sulle diagnosi pre-impianto. E Jemec mette subito le mani avanti circa le accuse di eugenetica riguardo alla diffusione dei test di “perfezione pre-natale”: «Le scoperte che vengono fatte in questo campo non vogliono rappresentare un elemento per introdurre delle discriminazioni e neppure per arrivare a determinare prima le caratteristiche del proprio figlio, ma sono uno strumento diagnostico per migliorare le condizioni di salute. Sono uno strumento in più al servizio della vita». E qui il capolavoro è perfetto: l’aborto eugenetico è presentato addirittura come un “servizio alla vita”… Dicevano lo stesso i gerarchi hitleriani che sopprimevano gli handicappati per “pietà”!

Per fortuna c’è chi ragiona e si mobilita in Svizzera, in questo caso senza successo ma, vale per tutte le iniziative in difesa della vita e della famiglia: lottare e “metterci la faccia” non è mai sbagliato! I Vescovi elvetici si sono dichiarati infatti contrari alla diagnosi pre-impianto, mobilitandosi all’insegna del motto: «La vita va tutelata dal concepimento alla morte naturale». Per questo dopo aver appreso l’esito del referendum hanno denunciato: «Il sì del popolo svizzero alla procreazione assistita medicalmente assistita mina la piena tutela della persona umana dal suo inizio alla sua fine, dal concepimento alla morte naturale» (6 giugno 2016). A condizioni restrittive, ora, gli embrioni ottenuti con una fecondazione artificiale potranno essere sottoposti a un esame genetico ma, «in molti casi – ha dichiarato in una nota mons. Charles Morerod, presidente della Conferenza episcopale Svizzera (Ces), che già in passato si era opposta a questa proposta normativa – gli embrioni portatori di una patologia verranno eliminati, invece di prendersi cura della loro vita». Di qui, il richiamo della Ces al fatto che «la ricerca medica è chiamata ad essere creativa ed innovativa al fine di trovare il modo migliore per accogliere la vita e curare le malattie», e non il contrario. «Ci teniamo a ripetere alle persone portatrici di handicap – ha ribadito monsignor Morerod – che noi crediamo nella loro piena dignità e ci rallegriamo delle numerose persone che le aiutano a vivere. Il riconoscimento della piena dignità di ogni essere umani, soprattutto di coloro che sono più fragili, è essenziale per una società giusta, come afferma anche il preambolo della Costituzione federale svizzera: la forza di una comunità si misura con il benessere del più debole dei suoi membri».

La forza di una comunità si misura sul benessere dei più deboli e indifesi, come i bambini concepiti ma non ancora nati. Per questo è prezioso il richiamo della Ces al fatto «i disabili hanno piena dignità» e che tale riconoscimento «è indispensabile per una società giusta, come afferma anche il preambolo della Costituzione federale svizzera». Servirà a posteri?

(di Giuseppe Brienza / La Croce)