Continua ad aumentare in modo molto preoccupante il numero di suicidi assistiti praticati in Ticino: se sino al 2014 le pratiche non superavano le 18 unità, dall’anno scorso sono esplose a 50. Oggi questo numero (per l’esattezza 51) è già stato raggiunto alla fine del mese di novembre, portando la proiezione per la fine del 2016 a 60 persone che moriranno sul suolo cantonale a causa della dose letale somministrata da medici e operatori sanitari attivi o affiliati a quelle associazioni che agiscono nel settore. Una crescita che ha dunque allarmato le autorità. Venerdì 2 dicembre vi è stato un incontro al vertice tra Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni e Paolo Beltraminelli direttore del Dipartimento sanità e socialità. Con loro c’erano il medico cantonale dottor Giorgio Merlani, il coordinatore del DSS Paolo Bianchi, Orlando Gnosca per la Polizia cantonale e il procuratore pubblico Antonio Perugini.

Come è noto la maggior parte dei suicidi assistiti – pratica legale in Svizzera ma a precise condizioni – tocca uomini e donne che giungono appositamente dall’Italia dove tale intervento è illegale. Il fenomeno del turismo della «buona morte» (eufemismo che a fatica riusciamo a utilizzare…) riguarda i due terzi dei 51 morti finora registrati nel 2016 in Ticino. L’incontro di ieri pomeriggio svoltosi a Bellinzona ha permesso ai due Dipartimenti di mettere a punto una strategia comune per cercare di porre un argine a questo fenomeno.

La pratica del suicidio assistito, come detto, deve soggiacere a precise norme (per esempio il medico che somministra la dose letale deve aver avuto più di un incontro con il paziente per definire le motivazioni o il tipo di malattia; inoltre non vi deve essere scopo di lucro in tutta la catena che conduce alla morte). È su questi elementi che i controlli dovranno concentrarsi. Da qui anche la necessità di una più intensa sensibilizzazione dei farmacisti e dei medici, perché ci sono sospetti che le prestazioni fornite siano maggiorate rispetto ai prezzi in uso. E se così fosse, ci potrebbero essere conseguenze anche di ordine penale. Insomma: l’attenzione e i controlli dovranno poter escludere che ci sia gente che lucra su questa triste attività.

Ma dove vengono «accolte» oggi le persone che decidono di morire in questo modo? Come si ricorderà, l’Associazione Liberty Life agiva in un appartamento a Melano, poi abbandonato anche su pressione popolare e per decisione del Municipio, visto che l’attività in quell’appartamento era contraria alle norme edilizie contenute nel Piano regolatore. Ora si è saputo che vengono utilizzati più appartamenti o camere d’albergo in forma itinerante e distribuiti soprattutto nel Sottoceneri, anche se si sono registrate alcune attività sia nel Locarnese sia nel Bellinzonese. In particolare a Chiasso è stato individuato un luogo dove sovente avviene il suicidio assistito. Anche in questi casi la polizia assieme a collaboratori del medico cantonale dovrà poter esercitare una maggiore pressione per capire se non ci siano irregolarità.

(Gianmaria Pusterla / GdP)

 

Nel 2015 sono state 999 le persone residenti in Svizzera a porre termine alla propria vita ricorrendo al suicidio assistito. Lo ha annunciato il domenicale “NZZ am Sonntag”: in Svizzera, nel 2015, quasi mille persone hanno fatto ricorso al suicidio assistito. Le cifre sono ricavate dai dati messi a disposizione dalle tre associazioni che in Svizzera sono attive nel settore. In confronto al 2014, si tratta di un aumento del 35%. Rispetto al 2008 il numero è quadruplicato.

Siamo all’inizio di un fenomeno che avrà ulteriori sviluppi. Secondo il geriatra Georg Bosshard, dell’ospedale universitario di Zurigo, interpellato dalla “NZZ am Sonntag”, siamo probabilmente all’inizio di un fenomeno che avrà ulteriori sviluppi. Bosshard ha paragonato la situazione svizzera con quella delle Fiandre, in Belgio, dove già oggi una persona su venti (5%) ricorre al suicidio assistito. Il geriatra zurighese ritiene che le cifre in Svizzera potrebbero raggiungere quei livelli tra una decina d’anni. Oggi il tasso di suicidi assistiti è dell’1,5%.

La “NZZ am Sonntag” riferisce che il suicidio assitito è oggi tollerato, in Svizzera: si tratta di un tema che non è più tabu, una pratica sulla quale si discute pubblicamente e che presto potrebbe essere accettata come l’aborto. Il domenicale ritiene che tutto ciò sia da interpretare come l’espressione di una modifica della scala dei valori nella società.

La scala dei valori, nella società, sta cambiando. La legge svizzera consente di fornire ad altre persone gli strumenti per il suicidio e ad accompagnare chi intende porre termine alla propria vita, a condizione che l’aiutante non tragga alcun profitto dalla morte della persona cui presta aiuto. Organizzazioni per il suicidio assistito, come Dignitas o Exit, offrono aiuto e accompagnamento al suicidio. Nel 2011, il Consiglio federale elvetico ha rinunciato a redigere un regolamento valido per il settore del suicidio assistito. A fronte del costante aumento dei casi, è probabile che il legislatore debba, prima o poi, ritornare sui propri passi e varare una legge.

(Paolo Tognina / Voce Evangelica)