È ad un medico giapponese che è dedicata una delle più belle mostre della XL edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli di Rimini. Takashi Paolo Nagai (1908-1951) è un uomo cresciuto nella più pura tradizione millenaria scintoista e buddista che ha abbracciato ventenne la “fede” positivista alla facoltà di Medicina dell’università di Nagasaki. «L’essere umano non è altro che materia: non c’è niente di divino», ripeteva in quegli anni.
Eppure è proprio la mano di Dio che Nagai riconoscerà nelle pieghe delle sua storia personale: il «fastidioso» canto dei cristiani nella chiesa di Urakami, a 500 metri dall’università, che lo porterà a interessarsi alla fede insieme alla lettura dei Pensieri di Pascal, la morte improvvisa della madre che gli lascia la nostalgia di qualcosa che sopravviva alla materia, la camera presa in affitto nella casa di una famiglia contadina della zona, i Moriyama, da sette generazioni a capo di un gruppo di “kakure kirishitan” (cristiani nascosti) di Urakami, il salvataggio in extremis da un attacco di appendicite acuta della loro unica figlia, Midori, che pregherà a lungo per la sua conversione fino al battesimo, che Nagai riceverà a 26 anni il 19 giugno 1934, prendendo il nome di Paolo. Due mesi dopo, Nagai sposerà Midori, dalla quale avrà quattro figli.
“La mostra è nata dalla lettura del libro di Paul Glynn, Pace su Nagasaki, che presenta in modo decisamente coinvolgente la figura di Tagashi Nagai – ci spiega Claudio Foletti, presidente della sezione svizzera dell’Associazione Medicina & Persona – e approfittando della figura di questo medico, ci introduce anche nella storia affascinante del Giappone, di cui ignoriamo quasi tutto e quello che pensiamo di sapere è offuscato dal pregiudizio determinato dalla seconda guerra mondiale”.
Nagai non avrebbe neanche voluto specializzarsi in radiologia, ma una meningite che lo colpisce nel 1932, rendendolo parzialmente sordo, lo costringe a scegliere questo indirizzo. Sono le mura in cemento armato del laboratorio di radiologia che lo salvarono il 9 agosto 1945 dagli effetti della bomba, dandogli la possibilità di occuparsi dei feriti e soprattutto di incarnare la speranza dei cristiani di Nagasaki e di un intero paese dopo la terribile disfatta della guerra, insopportabile e traumatica per l’etica tradizionale nipponica.
“L’incredibile vita di questo medico ha affascinato alcuni membri di Medicina & Persona – ci confida Foletti – tanto da ritenere la storia di Nagai così particolare e coinvolgente, così bella, che valesse la pena farla conosce ad un pubblico vasto e una mostra è sembrato il mezzo più adeguato. Così anche la sezione svizzera di Medicina & Persona è stata coinvolta per sostenere finanziariamente la realizzazione di questa opera presentata al Meeting di Rimini”.
Sotto le macerie della cattedrale di Urakami fu ritrovata la campana, intatta, che la notte di Natale tornò a suonare come segno di speranza: “Nemmeno una bomba atomica può far tacere le campane di Dio”, scrisse Nagai, che prima di morire di leucemia il 1º maggio 1951, a 43 anni, ormai infermo a causa della malattia, dedicò la sua vita alla preghiera, alla scrittura (pubblicò oltre 20 libri) e alla cura del suo popolo.
“Quello che mi colpisce – conclude Foletti – non è tanto il Nagai medico, ma la sua persona, il suo bisogno di verità, il suo gusto per il bello ed il bene. Ci insegna che nelle situazioni più tragiche, dove il male sembra dominare, c’è sempre uno spazio oggettivo dove vedere il bene ed essere grati per questo”.
Video di presentazione della mostra: