Era stato ampiamente annunciato il primo settembre scorso è partito. Stiamo parlando del referendum contro la nuova legge sulla procreazione medicalmente assistita (LPMA), pubblicata ieri sul Foglio federale. Legge che ha lo scopo di applicare quanto permesso dal popolo svizzero con l’accettazione lo scorso 14 giugno della modifica costituzionale volta a introdurre in Svizzera la diagnosi preimpianto (DPI). Il comitato referendario, composto da 50 rappresentanti di PEV, PBD, PPD, PS, UDC e UDF, ha tempo fino al 10 dicembre per raccogliere le firme necessarie.

Ma come si è arrivati a questo punto? Lo abbiamo chiesto al Consigliere nazionale PPD Marco Romano, membro del comitato referendario.

«Oggi in Svizzera c’è una legge sulla procreazione medicalmente assistita molto restrittiva rispetto a quelle di numerosi altri Paesi europei. Per questo cinque anni fa, soprattutto su pressione degli ambienti della medicina riproduttiva, è stata avviata una grossa riforma legislativa conclusa con l’approvazione in Parlamento lo scorso anno della nuova LPMA. Per riformare la legge era però necessario modificare la Costituzione. Ed è ciò che è stato fatto con il voto popolare del 14 giugno. Ora, quindi, può  entrare in vigore la legge approvata dal Parlamento. Legge sulla quale abbiamo indetto il referendum.

Cosa prevede la nuova legge?

In breve, la revisione della legge permette la ricerca genetica di malattie ereditarie presso le coppie portatrici di anomalie genetiche e, per tutte le coppie che fanno ricorso alla procreazione artificiale, di anomalie cromosomiche degli oociti e degli embrioni. Ciò significa che tutti gli embrioni prodotti al di fuori dell’utero materno possono essere sottomessi a tutti i tipi di test genetici disponibili e selezionati. Per fare ciò, sarà permesso (necessario) sviluppare non più tre embrioni per ciclo bensì 12. Embrioni che poi, se non impiantati nell’utero materno, verranno crioconservati (e dopo 10 anni distrutti).

È importante sottolineare che questa legge è ben diversa dalla riforma che aveva proposto il Consiglio federale. Quest’ultimo aveva aperto soltanto alla possibilità  per le coppie portatrici di anomalie genetiche (qualche centinaio di coppie all’anno) di effettuare la DPI. Il Parlamento ha invece già ampiamente esteso la modifica di legge prevista dal Governo, permettendo la diagnosi preimpianto a tutte le coppie che fanno uso della procreazione assistita e permettendo, i particolare, lo screening cromosomico. Questo è totalmente inaccettabile: è la selezione degli embrioni sani per scartare quelli meno sani, la scelta di chi ha il diritto di svilupparsi e chi no, di quale vita è degna di essere vissuta e quale no. Per questo impugniamo ora il referendum: per far sì che queste modifiche legislative non entrino in vigore e si possa tornare a pensare ad una legge meno discriminatoria e più restrittiva.

La riforma della legge permetterà, abbiamo detto, di sviluppare non più 3 ma 12 embrioni ogni ciclo. E di conservarli. Che conseguenze può avere ciò?

Sviluppare più embrioni significa – per forza di cose – avere più embrioni “soprannumerari”. Vite, in pratica, congelate in attesa di sapere cosa sarà di loro. È facile immaginare che in futuro, avendo a disposizione tutti questi embrioni, la tentazione di “utilizzarli” in qualche modo sarà altissima. In Parlamento c’è già stato chi ha proposto (per fortuna era solo una minoranza) di usarli per concepire dei “bambini salvavita” (ossia dei bambini che potranno donare cellule per curare un fratello malato). È chiaro che, una volta aperta la porta, potrebbe succedere di tutto.

Quali altre conseguenze negative può avere l’applicazione di questa legge?

Anzitutto va detto che il mondo scientifico non è unanime nel giudizio sullo screening cromosomico. Non esistono elementi per dire con assoluta certezza che, dopo averlo effettuato, si avrà un figlio sano. Anzi vi sono prove empiriche di un danneggiamento degli embrioni. C’è poi un altro aspetto da tener presente. Oggi permettiamo lo screening cromosomico per individuare la trisomia 21, ma ci sono tutta una serie di malattie oggi incurabili che potrebbero essere inserite in questi test. E allora chi ci dice che, fra qualche anno, non si decida di eliminare tutta una serie di prestazione sanitarie legate a malattie che magari, grazie alle nuove analisi, si sarebbero potute evitare?

Si parte, quindi, per una nuova campagna. Ma dopo la sconfitta di giugno (61,9% di sì alla modifica costituzionale) che possibilità ci sono di vincere?

Le possibilità ci sono. Perché molta gente, soprattutto nella sinistra ma non solo, che aveva votato «sì» alla modifica costituzionale non è però disposta ad accettare una legge che si spinge così in là. Ad oggi, numerose associazioni vicine al mondo dell’handicap si sono già fatte avanti per sostenere il referendum. E lo stesso hanno fatto molti politici che magari alcuni mesi fa avevano sostenuto l’articolo costituzionale. Ora bisogna raccogliere le firme. Il tempo non è molto, ma contiamo di farcela.

 (GdP)