Il Consiglio federale si esprime a favore della diagnosi preimpianto. Le argomentazioni però non sono convincenti secondo chi, come il presidente di “Sì alla vita” Caimi, la reputa una selezione illegittima.
Nel corso di una conferenza stampa ieri a Berna, il Consiglio federale si è espresso anche sull’ultimo rimasto dei temi previsti in votazione popolare il 5 giugno. Si tratta forse dell’argomento più delicato tra quelli in programma, se non altro perché, più degli altri, implica una scelta morale.
Si tratta della modifica della legge sulla medicina della procreazione (LPAM), che permetterebbe anche in Svizzera di ricorrere alla diagnosi preimpianto (DPI). In breve, la revisione della legge permette la ricerca genetica di malattie ereditarie presso le coppie portatrici di anomalie genetiche e, per tutte le coppie che fanno ricorso alla procreazione artificiale, di anomalie cromosomiche degli oociti e degli embrioni. Ciò significa che tutti gli embrioni prodotti al di fuori dell’utero materno possono essere sottoposti a tutti i tipi di test genetici disponibili e selezionati. Il Consiglio federale invita a sostenere questa modifica, tuttavia molte sono anche le voci contrarie. Fra tutte, noi abbiamo sentito il presidente dell’associazione “Sì alla vita” Carlo Luigi Caimi.
Gli argomenti
Il Consiglio federale, per voce del ministro della salute Alain Berset, sostiene che la modifica della legge va approvata perché permette la DPI solo in due casi: nell’eventualità in cui la coppia sia portatrice di una grave malattia ereditaria oppure nel caso in cui non possa avere figli in modo naturale. È opinione del Consiglio federale che, soprattutto nel secondo caso, in cui molte coppie si ritrovano a vivere il trauma dell’aborto spontaneo, la DPI permetterà di selezionare embrioni con migliori probabilità di svilupparsi e arrivare al termine della gravidanza. Tuttavia, se la modifica di legge nasce con l’intento di evitare la trasmissione di gravi anomalie ereditarie, nel caso della procreazione assistita, essa concretamente concede la selezione anche in caso di anomalie meno gravi attraverso lo screening cromosomico, ed è proprio questo l’aspetto tra i più contestati come ci conferma lo stesso Caimi. Lo screening cromosomico permette ad esempio di individuare condizioni come la trisomia 21, meglio conosciuta come sindrome di Down, e procedere quindi ad una vera e propria selezione. Pratica questa che ha destato le preoccupazioni di varie associazioni svizzere di disabili.
L’Esecutivo sostiene quindi che questa procedura permetterebbe di limitare i casi di aborti spontanei durante il processo di procreazione assistita, ma anche le gravidanze gemellari o plurigemellari dal momento che la nuova legge permetterebbe di selezionare e impiantare solo un embrione, conservando gli altri in vista di un ulteriore trattamento. Le limitazioni rimarrebbero tuttavia severe, assicurano da Berna: esami genetici diversi da quelli previsti continueranno ad essere vietati e saranno perseguibili penalmente.
Inoltre, il Consiglio federale fa notare che la DPI è un procedimento medico sperimentato e ammesso da diversi anni in molti Paesi europei non lontani dalla Svizzera come la Spagna, il Belgio o i Paesi Bassi. Le coppie che desiderano un bambino volendosi avvalere della DPI possono quindi già farlo recandosi all’estero: “Così metteremmo fine al turismo della procreazione per i cittadini svizzeri” ha sostenuto Berset. Questa motivazione però non convince chi, come Caimi, sostiene non ci siano argomentazioni giuridiche che reggano: “Fare paragoni con ciò che è concesso in altri Paesi – ha spiegato il presidente di “Sì alla vita” – non serve a nulla se non a sentirsi in diritto di sostenere qualsiasi cosa”