Embolia polmonare, rischi vascolari, conseguenze sociali: sono solo alcuni dei fattori sottostimati. Con la dottoressa ticinese Linda Leidi, medico in ginecologia e ostetricia, affrontiamo
il delicato tema dei rischi per la salute legati all’uso del più diffuso anticoncezionale ormonale.

La pillola femminile è uno dei metodi anticoncezionali più popolari, ma ne conosciamo davvero gli effetti? Le polemiche riguardo alle conseguenze nefaste come l’embolia polmonare, per esempio, hanno tenuto spesso banco anche in Svizzera.

In primavera, l’autorità svizzera di omologazione e di sorveglianza degli agenti terapeutici Swissmedic ha infatti pubblicato nella sua newsletter che tra il 1990 e il 2015 sono state registrate 16 morti da embolia polmonare che potrebbero essere connesse all’utilizzo di contraccettivi ormonali. Si tratta di donne tra i 17 e i 49 anni e nove di loro presentavano fattori di rischio classici per la tromboembolia venosa (peso, età, precedenti familiari, eccetera). Per quanto riguarda i restanti sette casi, Swissmedic ha comunicato che non sono stati fatti esami post morte che certifichino predisposizioni.

Di pillola si è tornato a parlare anche in questi giorni, dopo che un servizio del giornale domenicale Schweiz am Sonntag ha messo in luce il calo costante di pillole anticoncezionali prescritte dai medici in Svizzera dal 2008 ad oggi. La notizia riprende le cifre rese note dall’associazione delle aziende farmaceutiche confederate. Stando al giornale, negli anni il numero di confezioni vendute è passato da 2,1 a 1,9 milioni. Analizzando i numeri in dettaglio, emerge che le donne oltre i 30 anni sono sempre più propense ad abbandonare questo metodo contraccettivo, mentre tra le ragazze il farmaco è sempre più apprezzato e, sempre secondo le organizzazioni di categoria, questo preparato è assunto sempre più in giovane età.

Di questi e altri aspetti legati alla pillola anticoncezionale e al suo uso, ne abbiamo parlato con la dottoressa ticinese Linda Leidi, medico in ginecologia e ostetricia.

Dottoressa Leidi, questa tendenza al calo nell’utilizzo di questo tipo di anticoncezionale ormonale tra le trentenni la stupisce?

No, effettivamente è il metodo di controllo delle nascite tra i più diffusi fra le giovanissime, potremmo quasi definirlo “di tendenza”. Anche chi tra loro non vi ricorre, spesso non è per prudenza, ma piuttosto per dei falsi miti come ad esempio la paura di ingrassare. Le donne verso i trenta tendono a diminuirne l’uso anche perché, spesso, decidono di mettere su famiglia.

Introducendo l’argomento abbiamo accennato delle conseguenze. Qual è secondo lei la reale pericolosità nell’utilizzo della pillola contraccettiva?

La pillola interviene nel ciclo femminile rendendolo sterile. Modifica temporaneamente, interferendo con diversi meccanismi, l’ovulazione (follicologenesi, picco di LH, tassi ormonali), la ricettività della mucosa uterina per l’embrione, la struttura del muco del collo dell’utero e la motilità delle tube.

È molto efficace con un tasso di fecondazione per errore dell’1 per cento annuo (8% se si considerano anche gli errori di uso: dimenticanza, vomito, interferenze con farmaci, eccetera).

I rischi maggiori legati all’uso della pillola sono soprattutto sociali e sono sotto gli occhi di tutti: tassi di natalità bassissimi e percezione della maternità- paternità come di un fatto facoltativo privato e non come un bene per tutti. La pillola comporta un rischio diretto per la salute della donna che lo assume e indiretto, conseguente ai rischi ecologici legati all’immissione di alte dosi di ormoni nell’ambiente.

Qual è il rischio maggiore?

Non si può certo esaurire l’argomento in poche righe. Per quanto riguarda la salute del corpo il rischio maggiore è quello cardiovascolare (infarto miocardico e cerebrale, trombosi venose e arteriose o tromboembolie). Si tratta di complicazioni gravi con conseguenze che possono essere mortali o di danno duraturo. Questo rischio riguarda tutte le pillole estroprogestiniche.

Non si tratta di eventi rarissimi. Nella popolazione generale femminile che non prende ormoni, l’incidenza di queste complicazioni è di 2 casi per 10mila donne in un anno. Nella popolazione che assume la pillola l’incidenza si alza a 5-7 casi per 10mila donne per anno di uso per le pillole di prima e seconda generazione. Si alza ulteriormente a 9-12 casi per 10mila donne per anno di uso, cioè a circa una donna su 1000 nel caso di pillola della terza o quarta generazione. Questo rischio si alza ulteriormente se ci sono fattori di rischio come il fumo, il diabete, la pressione alta, difetti di coagulazione, emicrania con aura o altre cose più rare.

Ogni medicamento ha una serie di effetti collaterali, ma qui non si tratta della cura di un malato ma della somministrazione di un farmaco potente ad una giovane donna sana. Questo dovrebbe rendere più attenti e critici, invece l’Agenzia europea per i medicamenti trova che un’analisi del rischio-beneficio è ancora favorevole all’uso della pillola: l’interesse principale in gioco non è probabilmente la salute della donna. E anche la nostra agenzia per il controllo dei medicamenti Swissmedic ha confermato questa posizione.

Le persone che ne fanno uso, ne sono a conoscenza?

Questa domanda è secondo me fondamentale. Teoricamente l’informazione sul rischio è accurata. Dopo le segnalazioni di rischio aumentato di tromboembolia dato dalle pillole che contengono un progestinico di nuova generazione e soprattutto dopo il processo alla ditta Bayer da parte della famiglia di una vittima svizzera di embolia fortemente danneggiata all’età di 17 anni c’è stato un risveglio di interesse sul tema che ha portato anche la Società svizzera di ginecologia ad editare del materiale scritto da consegnare alla paziente insieme alla prima prescrizione di pillola. Una delle domande fondamentali da porre alla paziente in occasione della prima prescrizione riguarda la presenza nella sua famiglia di un rischio vascolare aumentato o di fattori ereditari che interferiscono con la coagulazione del sangue perché questo alza fortemente il rischio tromboembolico della pillola e ne controindica l’uso.

A livello teorico è tutto in ordine. L’esperienza però insegna che le pazienti più giovani che vengono per la pillola non conoscono i dettagli della salute dei famigliari e anche la percezione di cosa sia un rischio tromboembolico è molto vaga e di nessun interesse rispetto alla prospettiva attraente di delega- Didascalia foto re ad un medicamento la soluzione apparentemente facile ed elegante del “problema fertilità”, percepito come un peso e non come un valore (la gravidanza in questa fascia di età è solo un rischio da eliminare).

La nostra informazione scritta, precisa e dettagliata serve dunque soprattutto a rassicurare i prescrittori e a dimostrare l’avvenuto colloquio. La paziente è quindi ben informata sui rischi, ma non li conosce.

Cosa ne pensa dei benefici che darebbe la pillola in merito alla prevenzioni di tumori come quello alle ovaie ad esempio?

Se la pillola non avesse benefici non sarebbe di sicuro più in commercio considerando la sua possibile pericolosità. Tra i benefici, a parte la principale indicazione d’uso (che per molti è benefica) cioè quella di evitare le gravidanze indesiderate, vi sono diversi altri impieghi terapeutici: cura delle disfunzioni del ciclo, miglioramento dell’acne e dell’irsutismo attraverso una interferenza nel metabolismo degli androgeni ed un aumento della proteina del sangue che legga gli ormoni steroidi rendendoli biologicamente inattivi.

Vari studi sono stati fatti sul tema “pillola e rischio di cancro” con risultati diversi. La pillola è associata a una diminuzione significativa del tumore ovarico. Probab i lmente perché sotto l’uso della pillola l’ovaia non lavora, l’ovulazione è soppressa e questo è, in qualche modo, protettivo dalla carcinogensi.

Anche l’incidenza del tumore del corpo uterino e del colon diminuisce mentre aumenta l’incidenza del tumore al collo dell’utero anche facendo astrazione da altri fattori implicati nel suo sviluppo (inizio più precoce della vita sessuale, numero di partners più elevato).

Aumenta anche l’incidenza del tumore al cervello e, per quanto concerne il tumore del seno e il melanoma, i risultati sono conflittuali. Molti di questi dati sono stati ricavati da uno studio inglese di buona qualità che ha seguito una popolazione di 50mila donne per 24 anni.

Quali possibili alternative sono secondo lei presenti sul mercato?

In genere la fertilità della donna è presente per 24 ore circa ogni mese nel momento in cui avviene l’ovulazione: è preceduta da una fase in cui si può imparare a riconoscerne i segni osservando attentamente le secrezioni vaginali aggiungendo eventualmente a questo segno, la misura della temperatura del corpo e l’uso di stick urinari che segnalano i cambiamenti ormonali. Questo apprendimento lo chiamiamo “metodi naturali per la regolazione della fertilità”.

Più che un metodo, la scelta di vivere la propria fertilità come un valore scritto nel corpo, intrinseco e non dissociabile, è un fatto culturale.

La capacità di trasmettere la vita ci accompagna tutti i giorni in quello che siamo e facciamo, e specialmente nella responsabilità di scegliere un compagno di vita per cui siamo dono reciproco.

Tante coppie vivono così la propria fertilità. Questo non richiede uso di farmaci. L’esito di questa scelta culturale non si misura in tasso di gravidanze indesiderate perché l’accoglienza della vita è regolata con responsabilità ma mai esclusa, e non comprende complicazioni gravi per la salute perché non modifica il funzionamento fisiologico del corpo.

L’uso di questi metodi presuppone una responsabilità condivisa, attenzione e un po’ di sicurezza di sé. È sempre una scelta di coppia.

GdP