A 22 anni dalla firma di accordi internazionali in Ticino permane la divisione tra scolari. I deputati: «È tempo di riflettere sul tema». Un’interrogazione interpartitica chiede lumi al Governo.
Ventitré deputati, appartenenti ai diversi schieramenti politici, chiedono si affronti il tema dell’integrazione dei bambini «con necessità speciali» nelle scuole. Nel testo indirizzato al Consiglio di Stato, Tiziano Galeazzi (primo firmatario) e colleghi, evidenziano come nel 1989 la Svizzera abbia aderito alla Convenzione dei Diritti del Fanciullo seguita nel 1994 dalla dichiarazione di Salamanca patrocinata dall’UNESCO secondo cui «l’educazione delle persone con disabilità è parte integrante del compito della scuola regolare».
A distanza di 22 anni, tuttavia, in Ticino esistono ancora due differenti programmi – e differenti scuole – che, scrivono i deputati, «di fatto limitano i bambini con necessità speciali obbligandoli a frequentare una scuola impostata appositamente per loro che non offre ovviamente le pari opportunità di una scuola regolare». Una realtà che, secondo i firmatari, comporta il fatto che i bambini disabili «raramente approdano nel mondo del lavoro regolare, finendo inesorabilmente nei laboratori protetti». Una condizione, questa, che non riguarda unicamente i bambini con disabilità mentali o fisiche, ma anche coloro che soffrono di dislessia o iperattività, «considerati come persone con necessità speciali e quindi mandati nelle scuole speciali», creando in questo modo «un danno profondo che il bambino difficilmente potrà recuperare».
Uno stato di cose che il DECS stesso, in un rapporto del 2014, ha definito «discriminante», senza però che a questa considerazione facesse seguito un cambiamento di rotta. Ma c’è di più perché, come evidenziano i granconsiglieri, sono molte le famiglie ticinesi che si vedono costrette a ricorrere alle scuole della vicina Penisola «per evitare che i loro figli subiscano l’umiliazione di essere trattati diversamente dagli altri bambini».
Un esempio è il Centro Vela di Como che offre terapie logopediche, neuropsichiatriche, per la dislessia, la discalculia, la disgrafia, e dove il 10% dei suoi utenti (ossia 180) sono bambini che risiedono in Ticino. Anche perché, spiegano i firmatari, nel nostro Cantone «da molto tempo c’è una forte carenza di operatori specializzati nella terapia di queste disfunzioni». Nell’ottica di una riflessione sul tema, i deputati chiedono quindi al Governo quanto finora è stato fatto in Ticino per applicare gli accordi sottoscritti, ma anche se i docenti di supporto siano sufficienti e come il DECS si sta muovendo per colmare eventuali lacune formative degli insegnanti. Inoltre, poiché la riforma della scuola dell’obbligo è al momento in consultazione, i granconsiglieri chiedono se il dipartimento guidato da Manuele Bertoli abbia considerato, all’interno della “Scuola che verrà”, la possibilità di integrare questi alunni nelle scuole normali. Infine, evidenziano, «si eliminerebbe parte dei costi della struttura delle scuole speciali e si potrebbe utilizzare il risparmio per aumentare il numero di insegnanti di sostegno».
(Giornale del Popolo)