Un imprevisto può stravolgere la concezione della professione. Nel lavoro del medico ci sono tante cose che contano. Per curare bene un paziente bisogno aver studiato tanto, aver fatto molta pratica, essersi aggiornati costantemente, aver avuto qualcuno che ti insegnasse e ti facesse vedere come farlo. Serve anche pero’ avere una convinzione, una idea di fondo propria per cui agire, un atteggiamento di fronte ai pazienti da mettere in campo. Insomma qualcosa da professare, da dire di fronte al mondo. E’ anche questo che vuol dire essere professionisti.

Ma da dove viene questa posizione personale che ogni medico si spera abbia. Nel caso del dott. Segato, ginecologo a Vicenza, piu’ che da una convinzione granitica, viene da un incontro successo, da un imprevisto occorso. Nell’articolo apparso sul Corriere il 23/11/2106 dal titolo “Confessioni di un medico abortista «Lavoro sporco, come in guerra»” Sagato racconta : “Avevo aspirato qualcosa che non era l’embrione, avevo sbagliato» io medico non obiettore con migliaia di gravidanze interrotte alle spalle. «Una mattina ritrovai quella donna, aveva appena partorito. Mi fermò e mi disse: si ricorda di me dottore? Lo vede questo? Questo è il suo errore». Il bambino indesiderato, dunque, era nato. «Un bel moretto, aveva già i capelli e poppava pacifico. Lei sorrideva. Fu lì che ho avuto la mia prima crisi di coscienza». Oggi quel neonato ha trent’anni, un lavoro e due fratelli maggiori. E non sa di essere venuto al mondo per un errore medico. «L’errore più bello della mia vita».

E cosi da allora…”Segato rimase abortista ma affiorarono i dubbi e ridusse gli interventi. «E ogni volta che uscivo dalla sala operatoria avevo un senso di nausea. Cominciavo a chiedermi se stavo facendo davvero la cosa giusta. Quanti bambini mai nati potevano essere come quel piccolo? Ma mi rispondevo che sì, che era giusto. Lo era per quelle donne». Il convincimento ideologico però vacillava. «Continuavo solo per impegno civile, per coerenza. Qualcuno doveva fare il lavoro sporco e io ero uno di quelli e lo sono ancora. É come per un soldato andare in guerra. Se lo Stato decide che si deve partire ci dev’essere chi parte». Oggi, dopo trentacinque anni di servizio, Segato non opera quasi più. Fa interventi ginecologici, parti, ecografie. Ma interruzioni no. «Se posso evito e sono contento. Lo so, dovrei diventare anch’io obiettore ma non lo faccio per non avvilirmi rispetto alla decisione iniziale. La verità è che più vado avanti con gli anni e più sto male e intervengo così solo per emergenze. Se succede però non sono sereno. Come non lo sono le mamme che in tanti anni sono passate dal mio reparto. Non ne ho mai vista una felice del suo aborto. Anzi, molte sono divorate per sempre dal senso di colpa. Quando le ritrovo mi dicono “dottore, ho sempre quella cicatrice, me la porterò nella tomba”. Poi pensi e ripensi e ti dici che per molte di loro sarebbe stato peggio non farlo e vai avanti così, autoassolvendoti».

Non ci interessa in primo luogo se il dott. Segato da abortista che era abbia cambiato idea; se adesso sta dalla parte giusta. Quello che colpisce di questo racconto e’ la dinamica in atto. Nel lavoro del medico la realta’ che succede colpisce, è intensa, è imprevista e quindi è decisiva. Un episodio grazie a Dio puo’ essere piu’ decisivo di anni di convincimenti se si è disposti a stargli davanti da uomo, senza negarlo, senza censurarlo. Di Segato colpisce la disponibilita’ a non far fuori quell’ errore commesso, a non metterlo da parte. Colpisce la serieta’ nel dar credito a cio’ che quell’imprevisto ha introdotto nella sua vita di medico e di uomo. La vita in ospedale è fatta di grandi momenti e di migliaia di piccoli particolari. La bellezza di questo lavoro sta anche nel tener vivo cio’ che di positivo questi particolari dicono alla nostra vita e di professarlo tutti i giorni in quello che si fa. Abortista o no penso che il Dott. Segato sarebbe un bel collega con cui lavorare.

(Giulio Mari / Medicina & Persona)