Nuovi stili di vita, economia, precarietà del lavoro, donne penalizzate. Ecco perché senza misure drastiche la crisi della natalità non si può superare.

Una delle ragioni principali del crollo demografico è stata la crisi economica. Un recente studio dell’istituto demografico di Vienna sull’impatto della Grande recessione in Europa ha confermato che crisi e disoccupazione hanno avuto un impatto diretto sulla dimensione delle famiglie. La mancanza di lavoro ha però inciso maggiormente dove il welfare è meno efficace nel sollevare le persone dalla povertà e a compensare il costo del mantenimento dei figli: nell’Europa del Sud e in quella dell’Est.

Senza un recupero dell’occupazione e senza prospettive di lavoro stabili, dunque, la natalità difficilmente potrà ripartire. Molte ricerche hanno dimostrato che l’incertezza e la precarietà fanno aumentare le convivenze rispetto ai matrimoni e calare le nascite. Salari molto bassi per i lavori meno qualificati, spesso assai precari, obbligano a lavorare stabilmente in due se si vuole crescere un figlio, e non sempre basta. Anche per questo, rispetto a un tempo, meno donne con bassa istruzione diventano madri.

Quello che si nota oggi, tuttavia, è che la mancanza di figli caratterizza sempre di più anche gli uomini e le donne con istruzione elevata e carriere migliori. Investire molto sulle proprie competenze sposta così tanto in avanti il momento per costituire una famiglia che a risentirne è la natalità. D’altra parte oggi ci sono più persone, sia uomini che donne, che non intendono rinunciare alla carriera o ad altre cose per far posto a dei bambini. E’ un cambio culturale con il quale si deve fare i conti.

Chi invece continua a nutrire il sogno di una famiglia deve rapportarsi a un contesto culturale ed economico che in Italia disincentiva la parità: mentre gli uomini con prole risultano più attivi sul mercato del lavoro, per le donne vale esattamente il contrario. Maternità e lavoro non riescono ancora ad andare d’accordo.

Occupazione, politiche per la conciliazione e un welfare più attento ai figli sono le strade per provare a far ripartire un po’ le nascite. Ma senza illusioni: il dato di 2,1 figli per donna – il tasso di sostituzione della popolazione – è diventato un livello che i Paesi sviluppati riescono ad avvicinare solo grazie a chi arriva da Paesi più poveri.

(Avvenire)