Noi non sapremo come è stato il tuo ultimo respiro, nel cuore fondo della notte, quando anche i malati più tormentati si assopiscono; quando nelle stanze le luci sono basse e livide, e l’alba pare non debba arrivare mai. «Il mio gladiatore ha posato il suo scudo e ha aperto le sue ali alle 2.30», ha scritto Tom Evans. Deve essere stato, nel tenue gemere del tuo fiato, il precipitare di un assoluto silenzio. E sul tuo bel volto paffuto, le guance rosee e le lunghe ciglia scure, d’improvviso una gran pace: te ne eri andato lontano ormai, infinitamente lontano, correvi felice e stupito in prati immensi. Libero e sano come non sei stato mai, andavi incontro a una voce che ti chiamava. E non sapevi perché eri così felice in quell’andare: atteso da un padre mai conosciuto, eppure da sempre cercato.

Che abbraccio deve essere stato, piccolo, che traboccante beatitudine: noi non possiamo figurarcelo. Chissà com’è, l’abbraccio del Padre a un bambino che non ha compiuto i due anni, e li ha passati tutti a soffrire. Come ha detto il Papa, oggi bisogna pregare soprattutto per i genitori: perché Alfie è in Paradiso, e quei due ragazzi, precoci e coraggiosi padre e madre, se ne restano con una bambola immota e fredda fra le braccia. (È atroce la morte, quando ha le tenere sembianze di un bambino. È scandalo che grida al cielo, che domanda ragione a Dio).

Noi non sapremo, Alfie, quanto hai sofferto nelle tue ultime ore, con l’ossigeno ora negato ora avaramente riaperto, giacché era stato decretato che per te non c’era nulla da fare, e dunque bisognava abbandonarti alla morte.

Il diktat di una deriva eutanasica e statalista in questa Europa può impadronirsi della vita di un uomo, e non c’è modo allora di sfuggirle. Di fatto, Alfie è rimasto prigioniero di un ospedale contro la volontà dei suoi. Nemmeno la voce del Papa è bastata. L’Europa ha fatto sapere che non c’era alcuna legge cui appellarsi, per cambiare il destino di quel bambino. Per farlo almeno morire a casa sua. (Quanta inutile, farraginosa burocrazia affossa il Vecchio Continente, abbiamo pensato, se non c’è una norma che tuteli il respiro di un bambino malato).

E ci siamo ritrovati come seduti su una montagna di leggi, di trattati, di dichiarazioni di diritti – tutti codici dalle pagine ingiallite, mentre dei medici e dei giudici si arrogano il diritto di togliere l’ossigeno a un bambino, perché è cerebroleso e non ha speranze di guarigione. Chi sentenzia morte è in toga, o in camice bianco, e parla una lingua forbita. Non come quei due poveracci, Tom e Kate, un imbianchino e un’estetista di poco più di vent’anni, e, diamine, così ignoranti di tutto. Capaci, però, di un istinto paterno e materno da fiere, decisi a tutto per difendere il loro nato. Due ragazzi del popolo che sanno soltanto leggere e scrivere: però, che forza, che cuore. Capaci di gridare tanto da arrivare fino al Papa, a implorarlo come l’ultimo testimone di un’umanità autentica, mentre i petti di molti contemporanei sembrano diventati di legno, o di plastica.

Che schiaffo, bambino, hanno dato all’Europa quei tuoi genitori fanciulli, e com’era bella la barba leggera del tuo giovane padre accanto al tuo volto liscio; e le sue braccia da operaio, strette a tenerti in braccio. Ci hanno posto una immensa domanda, che dapprima solo pochi hanno ascoltato, ma poi, ripetuta, si è allargata come l’onda di un sasso in uno stagno: e voci del tutto laiche l’hanno raccolta allora, e se ne sono lasciate interpellare. È accaduto qualcosa, bambino, mentre tu penosamente stentavi a respirare, e in milioni pregavano per te. Ci siamo accorti della deriva arrogante di certa medicina, e del nulla dietro ai mantra che i sacerdoti di questa religione declamano. E di come invece occorra, sia fondante per il nostro essere uomini, che ogni sofferenza sia con rispetto fino alla sua fine accompagnata; in silenzio, perché noi non sappiamo in realtà cosa è un uomo, né quanto vale.

Ti hanno staccato la spina, Alfie, come fossi un povero giocattolo rotto. Ma tu hai continuato a respirare, chiamato come eri a vivere; a respirare per giorni, caparbio, inconsapevole guerriero. E ora hai smesso la lotta, e finalmente giochi e corri, sanato dal Male; e finalmente sai quale amore ti aspettava. E forse ora tutto ciò che hai sofferto ti sembra un nulla: come soltanto un’ombra, annientata da un sole indescrivibilmente abbagliante.

(Avvenire)