Un Convegno nell’Aula Magna dell’Università Lumsa di Roma per riflettere sulla pratica della maternità surrogata, cioè la gestazione per conto di altri, che si va diffondendo in Europa e nel mondo. Dagli interventi è emersa la parzialità dell’informazione sul tema che ne esclude aspetti fondamentali.

“Nascere da madre surrogata. Implicazioni sociali, etiche e psicologiche”: il Convegno organizzato dal Dipartimento di Scienze umane dell’Università di Roma LUMSA e realizzato con fondi europei, nell’ambito del progetto di ricerca WoMoGeS, vuole entrare con un proprio contributo originale nel dibattito pubblico intorno alla pratica procreativa conosciuta anche come ‘utero in affitto’. Molti gli interventi che hanno cercato di fare chiarezza in merito e di dire ciò che di solito viene taciuto o viene distorto. La centralità del bambino che nascerà, ad esempio, come frutto di un desiderio di genitorialità che non conosce ostacoli pur di potersi realizzare. O la realtà della madre che si presta alla gestazione con precisi contratti, e di cui si sottovalutano sentimenti, rischi, paure e conseguenze psicologiche a lungo termine di un distacco dal bambino portato in grembo per 9 mesi.

Tutti i relatori al Convegno

Di tutti questi aspetti hanno parlato Laura Palazzani, vice-presidente del Comitato Nazionale di Bioetica e docente di Filosofia del diritto alla LUMSA; Monica Ricci Sargentini, giornalista del Corriere della Sera; Giampaolo Nicolais, psicologo dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università ‘Sapienza’ di Roma. Antonio Francesco Maturo, sociologo dell’Università di Bologna e Daniela Bandelli ricercatrice impegnata in un’ indagine sulla Gestational Surrogacy in 4 Paesi: Stati Uniti, Italia, India e Messico. Di durata triennale (2018-2021), l’indagine è condivisa in partnership con la University of Texas ed è supervisionata, per la LUMSA. dalla prof.ssa Consuelo Corradi che ha moderato il Convegno. Un valore aggiunto, la testimonianza dell’americana Jennifer Lahl, promotrice della campagna internazionale Stop Surrogacy Now che oggi conta 20.000 aderenti.

Le tante implicazioni di cui non si parla 

La ‘gestazione per altri’, ha sottolineato Daniela Bandelli, rappresenta un nuovo modo di venire al mondo, appunto di nascere, che si sviluppa attraverso relazioni inedite tra genitori biologici, donne surroganti, medici e agenzie. E il Convegno intendeva proprio richiamare l’attenzione sulle ricadute, in termini sociologici, bioetici e psicologici, che la gestazione surrogata ha sui bambini, sulla generazione di domani e sulle donne surroganti. Dall’indagine che sta portando avanti emerge chiaramente che la maternità surrogata è una pratica disumana – ci dice la Bandelli – e spiega che oggi esistono sostanzialmente due posizioni: quella di chi chiede la sua abolizione totale e quella che ne chiede una regolamentazione, auspicando leggi globali che valgano per tutti i Paesi. Ma perchè cercare di regolare ciò che non è un bene? – si domanda.

La vera soluzione all’infertilità è l’adozione

Nel suo intervento Laura Palazzani osserva come ancora oggi nella nostra società permanga lo stigma dell’infertilità, una condizione difficile da confessare. E insieme ci sia una sorta di mistica della maternità che prevede che ogni donna debba essere in grado di generare. La vera soluzione all’ infertilità, dice, è l’ adozione, in diminuzione da quando si pratica la maternità assistita. in Italia è vietata quella surrogata, ma la legge italiana non punisce chi va all’estero e riconosce poi il figlio che nasce in questo modo. Si sviluppa il turismo procreativo. E’ importante, conclude, formare e informare l’opinione pubblica perché ci sia consapevolezza critica su queste problematiche.

Scarsa e di parte l’informazione sui media

A questo proposito un ruolo importante lo svolgono i mass-media e la giornalista Monica Ricci Sargentini ne sa qualcosa. Nel suo intervento definisce astratto il modo di comunicare sul tema. Riguardo alla maternità surrogata viene fatta passare l’idea del dono. Vengono presentate madri surrogate felici. Sull’utero in affitto non si dice la verità, sostiene, non si dice ad esempio che rappresenta un grande business di cui si sa poco. Come poco si sa delle donne scelte per la gestazione in affitto che devono esser capaci di non affezionarsi al bambino che portano in grembo.

Il serrato dialogo tra madre e bambino durante la gestazione

E proprio del legame tra il nascituro e la mamma che lo porta dentro di sè, interviene Gianpaolo Nicolais basandosi su ciò che biologia e psicologia conoscono ormai bene in merito allo sviluppo del bambino prima della nascita. Nel grembo materno, afferma, c’è il principio intercorporeo dello sviluppo, un dialogo serrato tra feto e madre. Il loro legame non inizia con la nascita, perché non se ne parla mai? La gestante partecipa interamente alla costituzione del bambino, alla sua formazione in quanto essere relazionale. Il pericolo è di diventare tutti, magari inconsapevolmente, transumanisti, per i quali l’unico compito è superare la propria natura umana, per farsi altri creatori.

La politica tenga conto del diritto del bambino

Daniela Bandelli sottolinea ancora il titolo del Convegno in cui si è voluto inserire la parola: nascere. “E’ una scelta politica – dice – perché il dato che emerge dalla mia ricerca è che il bambino rimane al margine del dibattito pubblico. Con l’utero in affitto stiamo invece producendo generazioni nuove. A proposito del figlio si parla solo per quanto riguarda il diritto di conoscere le proprie origini, oppure il diritto alla cittadinanza. Il dibattito è focalizzato sul corpo della donna, sui diritti dei genitori ad avere un figlio….  Il nostro intento – conclude – era riportare l’attenzione sul bambino e la mia speranza è  che la politica terrà conto di questa dimensione”.

(VaticanNews)