In vista della riunione degli esperti di Ginevra, l’organizzazione ha chiesto alle autorità nazionali di non approvare progetti che alterano il genoma degli embrioni «Implicazioni sconosciute»

Il genoma umano non si tocca. Almeno per il momento. Lo ha ribadito l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). In una nota, ha chiesto, formalmente, alle autorità che in tutto il mondo regolamentano le pratiche di ricerca sugli embrioni di «astenersi» dall’approvare progetti relativi alla linea germinale umana (cioè relativi alla manipolazione del Dna). La raccomandazione dell’Oms era stata già adottata in via preliminare dal comitato consultivo che, lo scorso marzo, era stato chiamato a esprimersi sulla nascita delle prime gemelline geneticamente modificate in Cina. Ora è stata ufficializzata in vista della riunione degli esperti in programma a Ginevra dal 26 al 28 agosto prossimi, in cui si continuerà ad esaminare gli aspetti etici e scientifici dell’“editing” genetico umano. Tra le altre cose, i ricercatori dovranno valutare i possibili strumenti da adottare per scoraggiare e prevenire l’uso «irresponsabile» di embrioni «ritoccati» e impiantati nell’utero di madri destinate a partorire bambini geneticamente modificati.
«L’alterazione del genoma della linea germinale umana – ha commentato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus – pone sfide etiche e tecniche uniche e senza precedenti». È per questo motivo, sottolinea, che «ho accettato le raccomandazioni intermedie del comitato di esperti, secondo cui le autorità di regolamentazione di tutti i Paesi non dovrebbero consentire ulteriori lavori in questo settore fino a quando le sue implicazioni non saranno state adeguatamente approfondite». La cautela dell’Oms è d’obbligo. Nessuno, conosce ancora i possibili effetti delle alterazioni genetiche sulla salute dei bambini nati dopo una manipolazione del Dna.
La notizia, diffusa lo scorso novembre, che lo scienziato cinese He Jiankui, ricercatore della Southern University of Science and Technology of China, a Shenzhen, aveva impiantato in una donna embrioni modificati per disattivare il gene che permette all’Hiv di infettare le cellule, ha scosso fortemente la comunità scientifica internazionale, compreso quella cinese. Per i suoi esiti incerti, l’esperimento è diventato oggetto persino di un’inchiesta ufficiale della National Health Commission di Pechino.
Gli esperti concordano sul fatto che qualsiasi intervento sul Dna, benché mirato a modificare determinate proteine, abbia a lungo termine effetti del tutto imprevedibili, non esclusi deficit cognitivi di vario tipo o, addirittura, una riduzione generale delle aspettative di vita. Margaret Hamburg, responsabile della commissione dell’Oms chiamata a fornire, nei prossimi mesi, indicazioni sui limiti delle modificazioni genetiche, ha sottolineato che quella dell’agenzia Onu per la salute non è una semplice moratoria attendista. Bensì di dovuta prudenza, al fine di considerare gli aspetti tecnico-scientifici – ipotizzando, ad esempio, un possibile registro degli esperimenti in corso – ma anche quelli strettamente finanziari. L’aspetto economico legato alla delicata questione dell’editing umano non è affatto secondario rispetto a quello medico ed etico. Secondo un’indagine della rivista “Science”, ben prima che He Jiankui annunciasse la nascita delle gemelline «geneticamente modificate», il ricercatore cinese avrebbe preso contatti con alcuni investitori e potenziali partner scientifici negli Stati Uniti per avviare in Asia un vero e proprio business del «turismo medico genetico». La tracciabilità dei finanziamenti a sostegno dei progetti di ricerca sull’editing genetico potrebbe, non a caso, rappresentare un cardine della futura politica internazionale.

(Avvenire)